Dal campo alla potatura

il sesto d'impianto dell'uliveto

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////////////////////////////////////  Capitolo  1


IL SESTO DI IMPIANTO

La procedura per l’impianto dell’oliveto, dopo aver scelto la localizzazione, segue gli schemi classici previsti per le colture arboree:

  • Eliminazione di vegetazione arbustiva o arborea, livellamento, spietramento, scasso a circa 80 cm. Nei terreni eccessivamente grossolani è consigliabile limitare lo spietramento ai sassi di grandi dimensioni per evitare un abbassamento del piano di campagna. Per lo scasso è preferibile la lavorazione andante con ripuntatore o con aratro rispetto allo scasso a buche.
  • Approntamento della rete scolante. È necessario nelle zone a clima piovoso. In generale l’investimento del drenaggio tubolare è poco remunerativo in olivicoltura perciò è più conveniente predisporre una realizzando un’adeguata baulatura e una rete di scoline.
  • Concimazione di fondo. Si esegue dopo lo scasso e prima della lavorazione complementare sulla base dei risultati dell’analisi chimica. La concimazione minerale deve limitarsi al solo apporto dei concimi fosfatici e potassici in quanto l’azoto si perderebbe per dilavamento. È consigliato integrare la concimazione minerale con l’apporto di un concime organico (es. 50–100 t di letame ad ettaro) per il suo effetto ammendante, qualora ci sia disponibilità di ammendanti organici a costi accessibili.
  • Lavori di raffinamento. Si esegue un’aratura a 40 cm per interrare e distribuire i concimi lungo il profilo e una erpicatura per ridurre la zollosità superficiale.

IL SESTO D’IMPIANTO

Ai lavori di preparazione seguono quelli d’impianto con il tracciamento dei sesti e il picchettamento, la messa a dimora (manuale o con trapiantatrici semiautomatiche), l’impianto dei tutori.

Con il termine sesto d’impianto si indica la disposizione geometrica ed ordinata delle piante nel terreno che garantisce la collocazione a distanza regolare nel campo e l’allineamento in tutte le direzioni.

Il sesto può risultare quadrato (piante disposte ai vertici di un quadrato) rettangolare (piante disposte ai vertici di un rettangolo) a quinconce (piante disposte ai vertici di un triangolo equilatero). I sesti più comunemente usati sono i primi due.

La forma di allevamento a monocono o monocaule libero, consente una riduzione del sesto d’impianto sul filare da 3 a 4 m. rispetto a 5-7 m. del vaso e forme espanse.

Schema di impianto con le due forme di allevamento: a sinistra il vaso che evidenzia l’impossibilità di ridurre oltre certi limiti la distanza tra le piante sul filare; a destra il monocono che per la forma della chioma permette l’avvicinamento delle piante sul filare a vantaggio dell’incremento della densità d’impianto.

Il sesto quadrato viene normalmente utilizzato con forme di allevamento a chioma ampia come il vaso o il globo, mentre nel sesto rettangolare è usato con forme di allevamento a vaso stretto, a monocono e a monocaule libero, caratterizzate dal diametro della chioma ridotto.

LA SCELTA DEL SESTO D’IMPIANTO

La scelta del sesto d’impianto oltre ad essere condizionata dalla forma di allevamento è determinata dalla vigoria delle varietà ed è scelta in relazione anche a fattori ambientali e al tipo di raccolta.

Per una migliore interpretazione nella scelta del sesto di impianto è opportuno tenere presente che:

  • La produzione dell’olivo si ha nella zona esterna della chioma colpita dalla luce; pertanto maggiore è la superficie della chioma sia come albero individuale che come sviluppo complessivo ad ettaro, maggiore sarà la produzione.
  • Finché l’oliveto è giovane la chioma di ciascuna pianta presenta una superficie naturalmente limitata; l’incremento della superficie fruttificante in un impianto giovane, è possibile soltanto attraverso un incremento del numero di piante ad ettaro (intensità di impianto).
  • All’incremento del numero di piante ad ettaro, negli impianti giovani, corrisponde un aumento reale di produzione a condizione però che le piante siano in grado di entrare precocemente e contemporaneamente in fruttificazione senza che ciò contrasti con il regolare sviluppo della chioma.
  • La luce e l’acqua sono fattori condizionanti lo sviluppo e la produzione dell’olivo, pertanto una alta intensità di piantagione (numero di piante ad ettaro) può essere causa di competizione tra le piante e conseguentemente di riduzione del potenziale produttivo; è noto infatti come la deficienza idrica e/o la scarsa illuminazione siano causa di un minore accrescimento dei rami fertili, della formazione dei fiori da cui l’incidenza negativa sulla produttività, sulla qualità dei frutti e sulla resa in olio.
  • Nell’ambiente dell’Italia centrale, caratterizzata da minore luminosità rispetto a quanto si osserva nelle aree calde dell’olivo, ai fini di una corretta densità d’impianto è opportuno che almeno il 50% della superficie del suolo rimanga scoperta dalla proiezione delle chiome al fine di consentire adeguata penetrazione della luce nell’oliveto e buona circolazione di aria.
  • La distanza tra le piante sia in fase di accrescimento e successivamente a sviluppo ultimato, deve poter permettere l’utilizzazione delle macchine operatrici per lo svolgimento delle ordinarie pratiche colturali dirette al terreno e alla pianta con particolare riferimento alle macchine utilizzate per la raccolta.

I VARI TIPI DEL SESTO D’IMPIANTO

Nel determinare il sesto d’impianto vanno considerate alcune variabili fondamentali, quali la fertilità del suolo, la forma di allevamento, le cultivar prescelte e la necessità di meccanizzazione.

Avendo presente l’obiettivo di ottenere produzione elevata in tempi brevi, l’orientamento è quello di aumentare la densità d’impianto, adottando sesti più ridotti rispetto a quelli tradizionali.

Il sesto d’impianto dipende dalle condizioni pedoclimatiche, dalla disponibilità irrigua, dalle caratteristiche della cultivar, dalla forma d’allevamento e dalla tecnica colturale.

Per quanto riguarda gli ambienti meridionali in generale si considerano idonei i sesti di 6×7, 7×7 o 6×8 (intorno a 200 piante/ha), mentre per gli ambienti dell’Italia centrale, dove normalmente lo sviluppo della pianta è più contenuto, i sesti si riducono a 5×6 o 6×6 (intorno a 270-300 piante/ettaro).

I sesti indicati assicurano una buona densità, tuttavia, durante i primi 10/11 anni, la superficie complessiva della chioma degli alberi rimane limitata e di conseguenza la produzione ad ettaro si mantiene entro limiti relativamente modesti.

In condizioni ordinarie nei nuovi impianti si adottano sesti compresi fra 5×5 m e 7×7 m in coltura irrigua e tra 8×8 m e 10×10 m in asciutto.

Sesti molto stretti sono sconsigliabili per l’eccessivo ombreggiamento lungo la fila e per la difficoltà di meccanizzazione. Con olivi allevati a vaso policonico o a monocono sono consigliabili sesti di 5×7 m o 6×7 m secondo la vigoria della cultivar.

Qualora si preveda la raccolta meccanica integrale con scuotiraccoglitrice è opportuno adottare sesti in quadrato di 7×7 m o 8×8 m per consentire una facile manovra della macchina.

IL SESTO DINAMICO

È nata da questa considerazione la proposta di utilizzare il “sesto dinamico” che consiste nel dimezzare all’impianto la distanza sulla fila, raddoppiando di conseguenza il numero di piante ad ettaro; cosi ad es. 6×8 diventa 6×4 e il 6×6 diventa 6×3.

Tuttavia la distanza delle piante sulla fila, tenendo conto della dimensione che la chioma verrà ad assumere dopo un certo numero di anni (10 – 11), appare insufficiente per assicurare una buona illuminazione all’intera superficie esterna della chioma, con conseguente riduzione della produzione ad albero.

Per ovviare a questo inconveniente, tra il 10° e l’11° anno d’impianto si dovrebbe procedere alla eliminazione delle piante in soprannumero sulla fila; è possibile tuttavia mantenerle facendo ricorso a tecniche di potatura di turnazione che prevedono tagli più o meno accentuati, con sequenza ciclica, su piante alterne sulla fila.

In tale modo si riesce a contenere lo sviluppo della chioma delle singole piante a vantaggio di un rinnovamento continuo delle branche secondarie e quindi dei rametti a frutto.

I PRESUPPOSTI PER IL SESTO DINAMICO

Il sesto dinamico comunque non sempre può essere utilizzato; vi sono infatti per il suo impiego dei presupposti fondamentali che possiamo riassumere in quattro punti:

  • Precocità di entrata in produzione delle piante (3°-4° anno).
  • Necessità di disporre di terreni di buona fertilità con adeguate risorse idriche, meglio con irrigazione.
  • Forme di allevamento con sviluppo della chioma in senso verticale e poco espanse lateralmente.
  • Prezzo contenuto delle piantine.

In mancanza di una solo di questi presupposti, può vanificarsi il vantaggio del sesto dinamico.

 Nell’oliveto adulto allevato a vaso l’espansione della chioma crea competizione tra le piante contigue nel momento in cui si riduce la distanza sulla fila.

La forma di allevamento a monocono permette la riduzione della distanza tra le piante sulla fila favorendo incrementi produttivi attraverso l’aumento di densità di piantagione.


////////////////////////////////////  Capitolo  2


Principi, basi e scelte per la potatura dell’olivo
Proietti Primo, Famiani Franco, Guelfi Paolo

La potatura consiste in una serie di operazioni (tagli, inclinazioni, cimature, ecc.) realizzate nei primi anni dall’impianto per conferire all’olivo la forma più consona alla sua funzionalità e alle esigenze colturali (potatura di allevamento) e successivamente per conservare la forma prescelta, contenere lo sviluppo della chioma e mantenere in equilibrio l’attività vegetativa e quella produttiva (potatura di produzione).
Una corretta potatura deve consentire di: far assumere in breve tempo all’albero la forma voluta per non rallentare l’entrata in produzione;
· migliorare la quantità, la costanza e la qualità della produzione, sia
proporzionando la quantità di rami lasciati sull’albero (e quindi la potenzialitàproduttiva) al suo stato nutrizionale, sia favorendo l’illuminazione e l’arieggiamento di tutta la chioma;
· allungare al massimo il periodo di maturità produttiva ritardando la senescenza sia mantenendo un equilibrio vegeto-produttivo, sia favorendo un elevato rapporto fra la massa fogliare e la massa legnosa, sia garantendo la circolazione dell’aria nella chioma ed eliminando le parti attaccate da parassiti o danneggiate;
· agevolare le operazioni colturali e quindi ridurre i costi di produzione.

BASI FISIOLOGICHE E BIOLOGICHE
Per perseguire gli obiettivi sopra riportati sono necessarie alcune conoscenze di base sul rapporto fra la potatura e l’attività vegetativa e produttiva dell’olivo.

Potatura ed illuminazione della chioma

La scelta della forma di allevamento e la potatura devono garantire un’adeguata illuminazione di tutta la chioma, evitando che ci siano porzioni della stessa costantemente in ombra.
La buona illuminazione delle foglie è indispensabile per
garantire un’elevata attività vegeto-produttiva dell’albero. Nelle foglie, infatti,
grazie alla luce, avviene la fotosintesi, cioè la trasformazione dell’anidride
carbonica, assorbita dalle foglie dall’atmosfera, in composti organici (carboidrati) dai quali, per successive trasformazioni, che intervengono fra loro e i minerali assorbiti dal suolo, prende origine la maggioranza dei composti (assimilati) necessari allo sviluppo dell’apparato radicale, di quello aereo e dei frutti.

Le foglie che si trovano in posizione ombreggiata nella chioma producono una quantità di carboidrati con la fotosintesi inferiore a quella da esse consumata con la respirazione, di conseguenza queste foglie, diventando un costo per l’albero, cadono precocemente e così le parti ombreggiate della chioma si spogliano, deperiscono e disseccano (è una sorta di potatura naturale).
L’illuminazione agisce positivamente anche sulla formazione delle gemme a fiore e sullo sviluppo dei frutti. Infatti, nelle porzioni di chioma dove l’illuminazione scende sotto a circa il 30% della piena luce solare, in genere non si formano fiori e, quindi, frutti.

Le olive posizionate nelle zone più illuminate della chioma hanno una maggiore dimensione ed un più elevato contenuto in olio rispetto a quelle che godono di minore disponibilità di luce (Figura 1).
In effetti,
sebbene il frutto dopo il suo sviluppo iniziale diventi nell’albero l’organo con maggiore capacità di attrazione di assimilati sul ramo, e competa con forza con


l’accrescimento dei germogli, per il suo sviluppo utilizza soprattutto gli assimilati provenienti dalle foglie sullo stesso ramo su cui è inserito e, solo in condizioni di ridotta disponibilità di questi, può attrarre anche sostanze provenienti da altre parti, purché localizzate in vicinanza. Di conseguenza, i frutti situati in zone ombreggiate della chioma, dove la disponibilità di assimilati è ridotta, non possono raggiungere uno sviluppo ottimale, neanche se nell’albero, complessivamente, la disponibilità di assimilati è elevata. L’esposizione dei frutti alla luce diretta sembra migliorare anche le caratteristiche qualitative dell’olio.


////////////////////////////////////  Capitolo  3


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////////////////////////////////////  Capitolo  4


Potare le diverse forme allevamento

potatura olivo
Razionalizzare e ridurre il numero degli interventi cesori è l’attuale indirizzo per una gestione della chioma economicamente sostenibile. Alcune indicazioni su come operare a seconda della struttura dell’albero

La potatura dell’olivo dipende da tanti fattori di diversa natura ed è perciò normale che la tecnica si sia evoluta in funzione non solo delle tipologie di oliveto e disponibilità di attrezzature ma anche del costo degli interventi e della reperibilità di manodopera specializzata.

La tecnica di potatura è, infatti, cambiata negli ultimi 30 anni seguendo le tendenze di altre filiere frutticole. I principali cambiamenti si possono sintetizzare nella necessità di ridurre il fabbisogno di manodopera e conseguire una rapida entrata in produzione degli alberi giovani. Oggi è opportuno che la potatura sia gestita come una pratica a costo predeterminato per l’azienda e per raggiungere questo risultato bisogna programmare i diversi interventi su base pluriennale e applicare criteri di “potatura minima”. Con tale termine si intende l’insieme degli interventi di potatura che, tenendo conto della fisiologia dell’albero, minimizzano il fabbisogno di lavoro per ottenerne benefici economici. In tal modo, il tempo necessario per la potatura è ridotto al minimo indispensabile, cioè fino al punto oltre il quale viene compromessa la produttività o la salute dell’albero (vedi per approfondimenti Gucci e Cantini, 2012).

Di seguito si passano in rassegna i principi generali per eseguire la potatura secondo moderni criteri e gli specifici interventi che le più diffuse forme di allevamento richiedono.

Sviluppo dei rami e dell’albero

Alcune caratteristiche della fisiologia dello sviluppo dell’olivo rivestono una notevole importanza dal punto di vista pratico.

La crescita di piante giovani è rapida, per cui la risposta ai tagli è vigorosa. Una volta raggiunta la maturità riproduttiva, la pianta è in grado di fiorire e fruttificare, l’attività vegetativa si riduce progressivamente e la risposta ai tagli diventa meno vigorosa. Con l’andare degli anni, l’attività riproduttiva prevale in termini relativi su quella vegetativa, i rami crescono con velocità minore e la produzione tende a ridursi.

Se l’olivo non viene potato, tende a formare chiome dense e disordinate di forma ellissoidale sia per la tendenza a crescere in modo basitono che per l’abbondanza di gemme. Una conseguenza pratica di questo comportamento di crescita è che l’asse principale dell’albero o delle branche primarie non cresce così vigorosamente come i laterali per cui, per mantenerne la supremazia, si rende necessario il diradamento dei rami laterali più vicini all’apice e l’eliminazione di quelli più vigorosi inseriti nella parte inferiore del fusto. I rami a legno che si sviluppano nella parte ventrale delle branche inclinate crescono molto e diventano dei veri e propri succhioni.

potatura olivo
1 – Tipici rami a frutto dell’olivo.

L’olivo porta gran parte della produzione sui rami misti che consistono di una parte terminale vegetativa sviluppatasi nella stagione corrente (germoglio) e di una parte di un anno di età, che porta i frutti (foto 1). Per ciascuno di questi rami vi è un equilibrio funzionale tra la produzione corrente e la crescita vegetativa del germoglio che, a sua volta, diventerà produttivo nell’anno successivo.

Il compromesso tra riproduzione e attività vegetativa non è sempre facile da raggiungere. I rami a frutto non devono essere accorciati altrimenti la produzione dell’anno ne risente in modo significativo. Inoltre, la crescita della parte terminale rallenta dopo due o tre anni di elevate produzioni, ma l’esaurimento dei rami a frutto può essere ritardato se le condizioni sono favorevoli alla crescita vegetativa.

I tagli effettuati con la potatura riducono la superficie fogliare e, quindi, diminuiscono la capacità della pianta di assimilare carbonio e di traspirare. L’asportazione di superficie fogliare può servire ad indebolire branche o rami troppo vigorosi e ridurre il consumo idrico dell’oliveto. Un eccessivo diradamento del fogliame rallenta la crescita durante la fase di allevamento quando l’area fogliare è ancora poco sviluppata. In alberi adulti l’eliminazione di parte della superficie di solito consente di migliorare la penetrazione della luce all’interno della chioma.

La potatura minima

Le strategie a basso fabbisogno di manodopera vengono incontro alle esigenze aziendali di contenimento dei costi di produzione e di semplificazione delle operazioni di potatura. Nonostante le risposte dell’albero agli interventi di potatura siano variabili, da quanto sopra detto è possibile indicare alcune linee guida che traducono in pratica il concetto di “potatura minima”.

Durante la fase di allevamento la potatura può non essere fatta su tutte le piante, ma soltanto su quelle che presentano differenze sostanziali di sviluppo tra i settori della chioma con interventi volti ad alleggerire le parti che tendono a prendere il sopravvento. Le piante adulte in produzione possono essere potate leggermente fintanto che vi sia un adeguato rinnovo dei rami fruttiferi.

Siccome l’intensità di potatura deve essere regolata in funzione dell’età dell’albero, gli alberi giovani devono essere potati poco.

L’intensità di potatura dovrà aumentare con l’età della pianta in quanto l’attività vegetativa tende a diminuire con l’invecchiamento della chioma. Questi criteri possono essere applicati per gestire la chioma indipendentemente dalla forma di allevamento.

Potare le diverse forme

Per quanto riguarda la forma di allevamento anche per l’olivo vi è la tendenza a passare da forme di allevamento “obbligate” ad altre “libere”. Le prime sono forme in cui la struttura è costruita fin dalla fase di allevamento secondo schemi piuttosto rigidi e talvolta geometrici, le seconde invece tendono ad assecondare l’habitus naturale di crescita dell’albero senza creare gerarchie rigide tra le diverse strutture (Sansavini et al., 2012).

Tra le forme obbligate ricadono tutte quelle ancora molto diffuse nella olivicoltura tradizionale, quali il vaso, vaso cespugliato, vaso policonico e globo. Anche il monocono si può considerare una forma obbligata. Per ciascuna di queste però possiamo anche far riferimento alle loro varianti libere, in cui lo scheletro della chioma è impostato secondo i criteri della potatura a tutta cima in fase di allevamento. Ad esempio, la forma a vaso oggi è preferibilmente ottenuta in modo libero, cioè selezionando i diversi ordini di branche in modo da distribuire la vegetazione ed intercettare la luce uniformemente e assecondando il modo di vegetare dell’albero piuttosto che costringerlo ad una certa forma geometrica (calice, cilindro, cono rovescio, policonico).

Nelle forme libere il sistema di branche non supera il secondo ordine, mentre in quelle obbligate può arrivare al terzo o quarto. Tra le forme libere vi sono il vaso libero, il monocaule a chioma libera, il cespuglio, le forme in parete adatte per l’alta e l’altissima densità.

Vaso

È la forma più comune nell’olivicoltura italiana e di altri paesi. Ne esistono numerose varianti che differiscono principalmente per l’altezza del tronco, il numero e l’inclinazione delle branche primarie, la forma finale dell’albero (vedi Gucci e Cantini, 2012 per una descrizione più dettagliata). Le branche primarie sono orientate secondo le diverse direzioni ed hanno un inclinazione più o meno ampia che determina poi la forma finale dell’albero (foto 2). Esempi sono olivi allevati a paniere, a calice, a tronco di cono, e così via. Il tronco deve essere di almeno 1 m di altezza da terra per consentire la scuotitura meccanica per la raccolta.

potatura olivo
2 – Forma di allevamento a vaso.

La potatura di produzione degli alberi allevati a vaso deve consentire innanzitutto la penetrazione della luce nelle parti interne ed inferiori della chioma così come il rinnovo della superficie a frutto. Dopo un certo numero di anni la potatura servirà anche a riportare l’albero entro le dimensioni consentite dal sesto di impianto e soprattutto a limitare l’altezza delle diverse branche entro i 5 m da terra (se raccolti meccanicamente con vibro-scuotitori) o 4 m se raccolti a mano o con pettini agevolatori. Nelle forme tradizionali in cui è ben delineata la struttura di branche secondarie e terziarie, i tagli di potatura sono guidati dai diversi ordini di branche ovvero bisogna solo assicurare che vi sia una buona crescita della zona di rinnovo del ramo per garantire la produzione nelle diverse parti della chioma.

Vaso cespugliato

potatura olivo
3 – Particolare di branca del vaso cespugliato.

Non vi sono sostanziali differenze nella tecnica di potatura delle forme a vaso e quella del vaso cespugliato. Quest’ultima è una variante del vaso priva di tronco, con le branche primarie che si originano direttamente dalla zona del colletto. Fu sviluppata e si diffuse in seguito alla gelata del 1956 per ricostituire la chioma dopo i danni da freddo a partire dalla ceppaia.

È tuttora una forma utilizzata quando bisogna intervenire dopo gelate gravi (vedi il caso del 1985) e risponde molto bene alle esigenze di piccole aziende in cui si la raccolta è effettuata a mano o con pettini agevolatori, mentre non si presta per ampie superfici o nei casi in cui si intende meccanizzare la raccolta dei frutti (foto 3).

Vaso a chioma libera

Rispetto alla forma classica a vaso, il vaso libero ha una struttura meno schematica e spesso l’ordine di branche permanenti si ferma a quelle primarie in quanto le secondarie sono spesso rinnovate con tagli di eliminazione una volta esaurite. Oltre al tronco unico presenta un numero di branche primarie compreso fra 3 e 5 in modo da intercettare il massimo della radiazione luminosa in tutte le direzioni, ma inizialmente in fase di allevamento se ne lasciano di più per anticipare l’entrata in produzione. Le branche sovrannumerarie verranno poi soppresse dopo un certo numero di cicli produttivi. Anche la soppressione dell’asse centrale viene rinviata al completamento della struttura dell’albero al quinto o sesto anno dall’impianto, come nelle forme a vaso ritardato.

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4 – Olivo allevato a vaso libero con interventi di potatura minima ed idoneo per la raccolta meccanica con macchine vibro-scuotitrici.

La potatura di produzione di solito è meno severa che nel vaso classico e segue i criteri della potatura minima, cioè bada solo al rinnovo della superficie a frutto e al contenimento delle dimensioni dell’albero in altezza, spessore e ampiezza. Quindi la chioma appare più folta che nel vaso e si interviene per eliminare la vegetazione ove eccessiva o invecchiata per garantire comunque una buona ed uniforme penetrazione della luce. Come il vaso è adatto sia a forme di raccolta manuale che con macchine vibro-scuotitrici del tronco (foto 4).

Vaso policonico

È una variante della forma a vaso costituito da un unico tronco su cui sono inserite 3 o 4 branche primarie che raggiungono un altezza da terra di non oltre i 4,5 m, ciascuna delle quali è inserita con un angolo di 40-50° e rivestita di laterali più corti verso la cima  e più lunghi in basso in modo da formare un cono. Sviluppata negli anni 1930 in Toscana ed Umbria si è diffusa in Italia Centrale ove è tuttora presente in molti oliveti tradizionali. Si adatta a densità di impianto non superiori a 400 alberi ad ettaro. È una forma molto utilizzata anche nei corsi di potatura per principianti ed esperti perché molte delle sue caratteristiche consentono di spiegare bene le risposte dell’albero a certi interventi e quindi i motivi di certe scelte tecniche di potatura. I pregi di questa forma e la tecnica per ottenerla sono riportati nell’articolo di Pannelli in questo stesso Speciale. La potatura del vaso policonico può essere semplificata, ma non meccanizzata.

Monocono

È una forma a tronco unico di almeno 1 m e un asse centrale rivestito di numerose, corte branche primarie decrescenti in lunghezza dalla base verso l’apice dell’albero in modo da formare un cono (foto 5).

potatura olivo
5 – Olivi allevati a monocono.

L’asse centrale viene fatto sviluppare attraverso diradamenti dei rami laterali in prossimità della freccia già dall’inizio della fase di allevamento. Una volta raggiunta l’altezza finale dell’albero (non oltre 5 m) e la lunghezza massima delle branchette primarie bisogna effettuare dei tagli di ritorno in modo da contenere lo sviluppo complessivo dell’albero e rinnovare le strutture produttive. Dato l’ampio angolo di inserzione delle branche primarie sull’asse centrale è facile che si formino rami vegetativi vigorosi e succhioni che vanno rimossi.

La forma a monocono, sviluppata negli anni 1930, è tornata in auge dopo la gelata del 1985, ma attualmente non è più molto comune a causa del frequente eccesso vegetativo rispetto alla produttività per cui dà i migliori risultati in terreni non troppo fertili o climi che non favoriscono lo sviluppo vegetativo. È adatta per superfici ampie da raccogliere mediante macchine vibro-scuotitrici del tronco. La potatura può essere in parte meccanizzata.

Globo

Rispetto alla forma a vaso il globo non presenta il vuoto centrale e quindi la chioma appare piena e molto simile a quella di olivi non potati (foto 6).

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6 – Forma di allevamento a globo.

È diffuso soprattutto in zone con elevata radiazione incidente perché il fogliame protegge le strutture permanenti dal rischio di ustioni causate dalle alte temperature. Spesso la potatura non viene eseguita tutti gli anni, ma ciò può comportare il progressivo spogliamento delle parti interne. La potatura di produzione prevede il raccorciamento delle branche primarie per contenere le dimensioni della chioma e il rinnovo della superficie a frutto mediante tagli di ritorno e/o soppressione di intere branche secondarie. Come le forme a vaso è adatto sia per la raccolta manuale che con macchine vibro-scuotitrici.

Cespuglio

È una forma libera ottenuta quasi senza interventi di potatura sin dall’impianto. La pianta è lasciata vegetare quasi indisturbata ed assume una forma cespugliosa simile a quella di olivastri presenti in natura.

In fase di allevamento si interviene principalmente solo ad eliminare succhioni e polloni. In alcuni casi si alza la cortina di rami bassi per consentire una più agevole gestione del suolo e stesura dei teli per la raccolta. Dopo diversi cicli produttivi si interviene rimuovendo intere branche o in ogni caso aprendo dei varchi ampi nella parte centrale per far penetrare la luce anche nelle zone inferiori della chioma. È adatta solo per raccolta manuale o con pettini agevolatori e quindi per superfici non estese.

Sistemi a filare per l’altissima densità

Con questi sistemi di impianto il filare diventa un’unica parete vegeto-produttiva senza soluzioni di continuità come una siepe. Le distanze di impianto sulla fila sono molto ridotte (1-2.5 m). Questi sistemi sono progettati e gestiti per poter effettuare la raccolta in continuo (foto 7).

potatura olivo
7 – Oliveto ad altissima densità raccolto con macchina scavallatrice.

Se si utilizzano macchine scavallatrici del filare bisogna contenere le dimensioni del filare entro quelle del tunnel di raccolta e quindi è indispensabile utilizzare varietà a bassa vigoria.

La potatura di allevamento e di produzione è stata descritta in dettaglio nell’articolo Gestione meccanizzata per il superintensivo.

Se invece si utilizzano macchine a raccolta laterale le distanza sulla fila sono di 2-3 m e non è un requisito di vigoria in quanto le pareti possono arrivare fino a 5 m di altezza. In entrambi i casi è possibile prevedere la meccanizzazione parziale o totale della potatura. Sono sistemi adatti a grandi estensioni e aziende in grado di sostenere investimenti rilevanti.

Modificare la forma

La potatura di riforma, cioè per passare da una forma di allevamento a un’altra, è un intervento straordinario che deve essere attentamente valutato perché comporta costi elevati e anni di mancata o ridotta produzione.
È utile nei casi in cui sono mutate le esigenze aziendali, quali la necessità di passare dalla raccolta manuale a quella meccanica, oppure per ovviare allo scarso adattamento degli alberi a sesti molto stretti (altezze eccessive, scarsa circolazione di aria) o per consentire una migliore penetrazione della luce nelle parti interne ed inferiori della chioma. Questo vale anche per cambiare da un tipo di vaso ad un altro, mentre in generale, la riforma è molto più semplice, veloce e comporta minori oneri se si passa da una forma obbligata alla sua interpretazione libera, che non richiede la modifica della struttura primaria (tronco e branche primarie).

Potatura e alternanza

La produzione dell’olivo non è stabile nel tempo, ma varia secondo cicli biennali o pluriennali. Numerosi fattori influiscono sull’alternanza di produzione. Un raccolto elevato riduce il numero di fiori che si sviluppano l’anno seguente, così come una raccolta molto tardiva determinerà un minor numero di gemme a fiore differenziate l’anno successivo. L’inizio dell’alternanza è spesso innescata da eventi climatici, quali gelate primaverili, che riducono il carico potenziale di frutti e determinano le condizioni idonee per l’insediarsi dell’alternanza.

L’intensità di potatura deve tenere conto anche del carico di frutti, che varia con la stagione vegetativa e le condizioni colturali. Negli anni di forte carica la crescita dei rami è ridotta e la potatura dell’anno seguente dovrebbe essere limitata alla sola eliminazione dei succhioni e dei rami poco sviluppati senza sfoltire eccessivamente i rami fruttiferi.

Nella primavera successiva ad un’annata di bassa produzione, al contrario, gli alberi dovrebbero essere potati più severamente in modo da ridurre il numero di nuovi rami ed il potenziale produttivo. Bisogna notare che quanto consigliato sopra è l’opposto del modo di agire frequente degli olivicoltori, che tendono a non potare molto dopo l’anno di scarica perché aspettano un’elevata produzione e viceversa dopo l’anno di carica. Così facendo, il comportamento alternante dell’albero viene esaltato invece che ridotto.

Combinare diverse strategie

Risulta evidente come in realtà non esista un unico metodo di gestione della chioma dell’olivo. Le tecniche così come l’epoca e l’intensità possono essere combinate tra loro in modo da sviluppare le strategie più confacenti alle caratteristiche dell’oliveto ed alle esigenze organizzative aziendali. La tendenza attuale è di potare l’olivo il meno possibile al fine di ridurre sostanzialmente i costi e semplificare la gestione della potatura.

Le strategie di potatura dovrebbero essere sviluppate, almeno inizialmente, sotto la supervisione di tecnici esperti. Se l’olivicoltore non riesce ad interpretare e valutare correttamente lo stato sanitario, la vigoria e la produttività degli alberi è preferibile adottare forme di allevamento obbligate che guidano entro certi limiti gli interventi di potatura.

Una potatura leggera può comunque essere utile anche in caso di potatura annuale in quanto, riducendo il numero di tagli, riduce il tempo necessario per l’esecuzione dell’intervento.


////////////////////////////////////  Capitolo  5


Direttrice Ulivita Agronomia e Patologia vegetale

La dottoressa Vera Sergeeva è una consulente internazionale in patologia vegetale e gestisce la sua società di consulenza, OliVera in Australia. La dott.ssa Sergeeva conduce ricerche su patologia vegetale, micologia, diagnosi di malattie delle piante, analisi biologiche di estratti di piante contro parassiti e malattie e gestione delle malattie nelle olive contro i funghi nella gestione integrata dei parassiti (IPM).

MALATTIE DELL’ULIVO 

CONSULENZE


////////////////////////////////////  Capitolo  6


 

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