Il Suolo e la sua conformazione


STRATO


I PRIMI STUDI NELLA STEPPA
Secondo le definizioni attuali, con il termine “suolo” s’indica ogni materiale capace di ospitare piante, fino a comprendere le rocce incoerenti (in pratica non in blocco compatto), purché esplorabili dalle radici.
Per convenzione, comunque il suo spessore è definito fino ad una profondità massima di due metri.Esistono infinite varietà di suolo: da quelli alpini coperti di conifere a quelli coltivati delle pianure, fino a quelli aridi e quasi privi di vegetazione delle zone desertiche.
Proprio per questa estrema differenziazione, fino a poco tempo fa ciascuno tendeva a specializzarsi nella conoscenza di un tipo specifico di terreno. Solo alla fine dell’800, infatti, è nata la pedologia (dal greco “
pedon“, suolo), la scienza che studia e cataloga i terreni fertili.

Erano i tempi dell’Impero Russo, quando la produzione di cereali quasi miracolosa della steppa, grazie alla famosa terra nera che ricopre buona parte della superficie dell’ex Unione Sovietica, cominciò a ristagnare.
Nel contempo, i cereali coltivati dagli Stati Uniti superarono per quantità quelli dell’Impero Russo, strappando alla steppa lo scettro di granaio dei mondo;
per questo motivo, e nel contempo per risolvere il problema della compravendita dei terreni (i venditori, per strappare un prezzo migliore, asserivano in ogni caso che si trattasse di terra nera), la Libera Società di Economia di San Pietroburgo istituì una commissione di esperii che incaricò Vassily Vassilievich Dokuchaev di effettuare ricerche scientifiche sui terreni. I successivi due anni di viaggi nella steppa, i prelievi di campioni di terreno e la relazione redatta da Dokuchaev nel 1883 sono le pietre miliari della scienza del suolo.

FATTA DI HUMUS E DI CRISTALLI
Che cosa c’è, allora, nella terra? La prima distinzione si fa tra suoli organici e suoli minerali.
I primi sono composti prevalentemente da sostanze d’origine vegetale e animale (foglie e altri residui di escrementi, in vari gradi di decomposizione), come nel caso delle torbiere. I secondi, che sono la maggioranza, derivano invece dalle rocce e contengono al massimo il
10 % di sostanze organiche.

In generale, le componenti di un suolo sono quattro: quella solida, divisa in minerale e organica, quella liquida e quella gassosa.
La principale componente minerale di un determinato terreno si chiama roccia madre, nel senso che deriva dallo sgretolamento di una roccia.
Ma non sempre i figli assomigliano alla madre: se
i cristalli di silicio della sabbia sono praticamente inalterati rispetto alla roccia da cui derivano, le argille sono invece così alterate da essere definite “minerali di neoformazione”.
Responsabili di queste trasformazioni sono vari tipi di reazioni chimiche, favorite dalle condizioni climatiche e dall’acqua. Più un terreno è lontano dalla sua natura originaria, più si definisce “evoluto”.
Lo stesso vale per le sostanze organiche, con la differenza che quando la degradazione, dovuta soprattutto ai batteri, è tale da rendere irriconoscibili le materie di partenza, non si parla più di neoformazione ma di
humus: quella sostanza di colore scuro, ricca di microrganismi e dall’odore caratteristico, che è alla base della fertilità del suolo.
La sabbia del deserto, i detriti di frane recenti, le sabbie marine o i materiali di alcune alluvioni fluviali possono essere totalmente privi di humus.
Ciò li rende così privi di fertilità e coesione (i granuli sono slegati l’uno dall’altro) che a rigore non possono nemmeno essere considerati suolo.

Dire in che percentuale le varie componenti siano distribuite nel terreno è praticamente impossibile, perché basta spostarsi di poche decine di metri per trovare terreni di composizione molto diversa.
E uno dei motivi per cui due vigneti apparentemente uguali dànno, alla fine, vini profondamente diversi.

Tuttavia una cosa si può dire: una terra “media”, per esempio un suolo forestale, contiene un 45% in volume di componente minerale, un 5% di componente organica, più acqua e aria, ciascuna in misura variabile dal 20 al 30%.

COME VENGONO ANALIZZATI
Lo studio dei terreni avviene per lo più in due modi. Si può scavare un suolo in modo da metteme a nudo una sezione verticale ed evidenziarne il “profilo“, che può essere sottile pochi centimetri o profondo anche alcuni metri.
Oppure adottare il metodo delle “carote“: con una speciale trivella si preleva un cilindro di terreno in modo da poterne vedere i vari strati.
Una prima classificazione (dopo la suddivisione in suoli “organici” e “minerali” viene fatta in base alla
granulometria, cioè alla presenza in esso di particelle più o meno fini.

L’esame si fa così: prima di tutto si elimina la sostanza organica usando acqua ossigenata, poi si toglie l’acqua, seccando il terriccio in forno, infine si tolgono le particelle più grosse usando setacci di varia misura.
Via via che si scende in dimensione si trovano la sabbia, ancora visibile a occhio nudo, il limo e infine l’argilla: così fine che per vederne i singoli “grani” occorre il microscopio elettronico.
Ma al di sotto del valore di 0,05 millimetri i setacci non bastano più. Per l’analisi granulometrica, limo e argilla vengono quindi sciolti in acqua e lasciati depositare: le particelle più grosse si depositano prima, le argille più fini per ultime.

SUOLO DA RISAIE, SUOLO DA VIGNE
I terreni con elevata quantità di ghiaia e ciottoli sono molto permeabili all’acqua e quindi richiedono frequenti irrigazioni oppure colture che hanno bisogno di poca acqua (questo è il motivo per cui i terreni sabbiosi sono poco fertili).
I suoli con troppa argilla, viceversa, favoriscono il ristagno idrico (si dice che sono asfittici: sono i suoli ideali per le risaie) e sono difficili da lavorare perché ostacolano la penetrazione dell’aratro, anche se possono essere fertili.
L’ideale è una via di mezzo: il terreno che gli agricoltori chiamano “di medio impasto’, e i pedologi definiscono “franco“.
Oltre che essere sottoposto a queste analisi, tipiche della pedologia, il suolo viene esaminato anche dal punto di vista chimico.

E’ il chimico a valutare, per esempio, il pH del terreno, cioè il suo grado di acidità, nonché la presenza di elementi importanti per la fertilità: azoto, fosforo e potassio (detti macroelementi, perché sono quelli principali per la nutrizione delle piante), ma anche ferro, alluminio, rame e altri, a loro volta utili ai vegetali.


dal web – http://web.infinito.it/utenti/s/sercas/cdl/suolo.htm

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