Il farro non esiste

by admin
18 febbraio 2018
Category:   Salute
[ssba]

Getty Images

Che ne sai tu di un campo di farro? Poco ne sappiamo, in effetti, di questo cereale. Al punto tale da ignorare che quando pronunciamo questa parola, in realtà, non facciamo riferimento a un concetto preciso: in sostanza, il farro non esiste. Vediamo in che senso.

Benvenuti al food

Negli ultimi cinque o dieci anni, per una serie di motivi, c’è stata una grande riscoperta dei cereali alternativi. Questioni legate al trend dei cibi naturali e bio, alla ricerca delle materie prime e delle ricette tradizionali, al successo di movimenti come Slow Food, alla preoccupazione per la salute e le allergie. Un coacervo difficilmente districabile di moda, hype, reale interesse, marketing, movimenti dal basso. E tutto questo si è poi inserito nella generale impennata che ha avuto il mondo del food: dalle paninoteche a Masterchef, ne abbiamo fatta di strada.

Nell’ambito del fermento attorno al cibo, il settore che forse ha subito il più clamoroso paradigm change, il più spettacolare rovesciamento di prospettiva da pop a top, è quello della panificazione: panetterie che sembrano gioiellerie, pizzerie che usano ingredienti gourmet più dei ristoranti stellati; e poi migliaia di persone che si crescono una pasta madre in casa, e si mettono a far lievitare pane e brioche. Il tutto ha postato sicuramente una serie di effetti positivi, ma anche una serie di mistificazioni. È importante distinguere gli uni dalle altre, per non fare di tutta l’erba in fascio, in entrambi i sensi: evitare di esaltare tutto quello che sa di farine integrali e bio finendo per dire castronerie (tipo che il kamut non contiene glutine: sentita pronunciare da queste orecchie, da un medico per di più), ma anche disprezzare in blocco tutto il movimento giudicandolo come una roba da radical chic, e così non rendendo giustizia a chi fa pagare un pane 8 euro al chilo non per arricchirsi ma perché paga tanto le farine di qualità e non usa trucchi nelle ricette.

La famiglia del grano

Sia come sia, l’interesse per i cereali alternativi è montato: tra questi in particolare il farro, che si trova ormai anche nei supermercati mainstream, sia in forma di chicchi per zuppe che di farine. Ma il farro, dicevamo, in realtà non esiste. Guardate qui.

courtesy Bressanini

Questo è l’albero genealogico del grano: termine anch’esso quanto mai vago e generico; sarebbe meglio parlare di frumento, ancor meglio di genere triticum. Questo schema ci racconta varie cose. La prima è che quello che noi chiamiamo farro, sta a indicare ben tre tipi di triticum. Questo equivoco in altre lingue non è presente: altrove non c’è bisogno di ricorrere alla terminologia scientifica, perché l’inglese ad esempio usa nomi diversi. C’è allora il monococco (triticum monococcum), anche detto piccolo farro, che in inglese si chiama einkorn. È il primo cereale coltivato dall’uomo, probabilmente, e per una serie di motivi (sono state sviluppati quasi subito altri incroci più efficaci) è rimasto quasi uguale a com’era 10.000 anni fa: un fossile vivente, in pratica. Ha pochissimo glutine e quindi è difficile da panificare in purezza; in compenso è molto più selvaggio e pieno di vitamine, proteine insolite, acidi grassi, minerali e altri nutrienti, tra cui i carotenoidi che conferiscono al prodotto finale un caratteristico e bellissimo colore rossiccio, oltre che un profumo spettacolare.

Getty Images

Poi c’è il farro dicocco (triticum dicoccum), o medio farro, in inglese emmer. Come si vede ha una discendenza molto diversa, più che fratelli il monococco e il dicocco sono cugini, e anche di secondo grado. Le caratteristiche sono intermedie, sia in termini di uso che nutrizionali.

Infine c’è il grande farro (triticum aestivum sottospecie spelta), in inglese spelt, che è una creazione più (relativamente) recente, e dà ottimi risultati in panificazione, anche da solo. Come si vede, la linea di discendenza è ancora diversa e più lontana dagli altri farri. Un’altra cosa che risulta evidente dallo schemino è che non solo i tipi di farro sono differenti tra loro, ma anche i tipi di frumento, che da essi discendono. Insomma quello che noi chiamiamo genericamente grano va diviso – e questo lo sappiamo – in due grandi categorie: grano duro, triticum turgidum durum (quello che fa la farina gialla, la semola, e si usa soprattutto per la pasta) e grano tenero, triticum aestivum (pane, pizza e tutto il resto).

Quello che è meno noto è che il duro e il tenero non sono né fratelli né padre e figlio: ma anche loro cugini lontani. Perciò hanno delle caratteristiche così diverse. In sostanza il grano tenero è più simile allo spelta (dal quale deriva) e il duro al dicocco. Certo se li dividiamo in due insiemi, farro da una parte e frumento dall’altra, la distinzione non è del tutto arbitraria; una ragione c’è, ed è una ragione botanica: perché il farro ha una caratteristica del chicco che lo fa classificare come grano vestito, il frumento come grano nudo. 


da web

[ssba]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Shares